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ispezione metalli

Ispezione Metalli ferrosi e non ferrosi: processi di fabbricazione, trattamenti e come funziona l’ispezione dei metalli.

Ispezione Metalli ferrosi e non ferrosi: processi di fabbricazione, trattamenti e come funziona l’ispezione dei metalli.

ispezione metalli

Abstract

L’ingegneria metallurgica moderna si fonda sulla conoscenza approfondita dei metalli ferrosi e non ferrosi, dei loro processi di fabbricazione e delle tecniche di ispezione applicate per garantirne l’integrità strutturale.

Il presente articolo analizza in modo sistematico la formazione e la composizione delle leghe metalliche, i principali trattamenti termici e meccanici utilizzati per modificare le proprietà dei materiali, nonché i fenomeni di fatica e frattura che ne condizionano la vita utile. Vengono inoltre illustrati i metodi di produzione dell’acciaio e dell’alluminio, con riferimento ai diagrammi di fase Fe–C e Al–Mg, e ai trattamenti di tempra e invecchiamento che ne determinano la microstruttura finale. Infine, si approfondiscono i criteri di scelta dei materiali in funzione delle sollecitazioni operative e i principali metodi di ispezione come i controlli non distruttivi impiegati in ambito industriale e navale per la prevenzione dei guasti strutturali.

Introduzione

inspezione metalli

I metalli costituiscono una classe fondamentale di materiali utilizzati nell’ingegneria moderna grazie alla loro struttura cristallina e alla presenza di elettroni liberi che ne permettono un’eccellente conducibilità elettrica e termica. La maggior parte delle applicazioni ingegneristiche si basa non su metalli puri, ma su leghe, ovvero combinazioni controllate di due o più elementi metallici o non metallici. L’alleanza tra i componenti durante la fusione consente di modificare le proprietà meccaniche, chimiche e fisiche del materiale, adattandolo a specifiche esigenze progettuali.

Le principali leghe industriali comprendono l’acciaio (ferroso), le leghe di alluminio e le leghe di rame, ciascuna con caratteristiche meccaniche e chimiche peculiari, determinate dalla composizione e dai trattamenti termici e meccanici a cui sono sottoposte.

Classificazione dei metalli

Metalli ferrosi

I metalli ferrosi hanno ferro come elemento principale e sono caratterizzati da buona conducibilità elettrica, elevata massa e magnetismo intrinseco. Presentano generalmente bassa resistenza alla corrosione, fatta eccezione per il ferro battuto o per gli acciai inossidabili.

Le applicazioni principali comprendono:
• Strutture portanti nell’edilizia e nel settore navale;
• Componenti meccanici soggetti a sollecitazioni elevate.

La proprietà dei metalli ferrosi dipende fortemente dalla percentuale di carbonio e da altri elementi di lega come cromo, nichel, manganese e tungsteno, che influenzano durezza, duttilità, resistenza alla corrosione e resistenza meccanica complessiva.

Metalli non ferrosi

I metalli non ferrosi non contengono ferro e includono alluminio, rame, zinco, piombo, titanio e le loro leghe. Hanno tipicamente:
• Bassa densità (es. alluminio 2700 kg/m³);
• Elevata resistenza alla corrosione;
• Buona conducibilità elettrica (es. rame);
• Maggiore duttilità e malleabilità rispetto ai metalli ferrosi.

Tra le principali leghe non ferrose vi sono:

  • Bronzo (rame + stagno);
  • Ottone (rame + zinco);
  • Leghe di Alluminio (alluminio + magnesio, rame, silicio, manganese).

Le leghe non ferrose trovano applicazione in campi come l’industria aerospaziale, navale, elettrica e in componenti strutturali leggeri.

Elica in NiBrAl

Processi di fabbricazione dei metalli

Produzione dell’acciaio

inspezione metalli

La produzione dell’acciaio parte dalla fusione del minerale di ferro in altoforno, insieme a coke e calcare, per eliminare le impurità come zolfo, fosforo e silicio. Il processo si articola in più fasi:

  1. Riduzione e fusione: il minerale di ferro viene portato a temperature superiori ai 1500°C, producendo ghisa liquida con circa 2,5% di carbonio.
  2. Affinazione: rimozione di carbonio e altri elementi indesiderati mediante processi quali:
  • Fusione in crogiolo aperto: lenta ma di alta qualità;
  • Convertitore Bessemer: rapido, mediante insufflazione di aria per ossidare carbonio e impurità.

3. Leghe speciali: introduzione controllata di carbonio e altri elementi (cromo, nichel, manganese) per ottenere acciai con proprietà specifiche (resistenza, duttilità, durezza).

Diagrammi di fase Fe–C

Il diagramma di fase ferro-carbonio rappresenta le zone di austenite, cementite e ferrite, fondamentali per determinare:
• Punto di fusione;
• Proprietà magnetiche;
• Fragilità e duttilità.

Questo diagramma è la base su cui si programmano le caratteristiche del metallo e da cui si indicano la temperatura e la percentuale di carbonio da inserire per avere una determinata caratteristica.

Produzione dell’alluminio

alluminio

L’alluminio viene estratto dalla bauxite tramite il processo Bayer, articolato in:
1. Frantumazione e digerimento: la bauxite viene macinata e trattata con NaOH (Idrossido di Sodio) a pressione e temperatura elevate.
2. Separazione della bauxite residua (red mud): viene rimosso il fango contenente ossidi indesiderati.
3. Calcinazione: l’idrossido di alluminio viene riscaldato in forno rotante a circa 1200°C, producendo alluminio puro.

Leghe di alluminio

Per migliorare le proprietà meccaniche, l’alluminio puro viene legato con:
• Magnesio → serie 5XXX
• Magnesio + Silicio → serie 6XXX (leghe lavorate)
• Rame, manganese, zinco → altre serie specifiche

I trattamenti termici includono:
• Tempra: rapido raffreddamento per bloccare la struttura austenitica;
• Invecchiamento (aging): raffreddamento lento per stabilizzare la microstruttura tramite precipitazione.

Proprietà meccaniche dei metalli

Duttile vs fragile

I metalli mostrano comportamento elastico fino a un limite (deformazione reversibile) e plastico oltre tale limite (deformazione permanente).
• Materiali duttili: acciaio dolce, alluminio, rame → elevata deformazione plastica prima della rottura.
• Materiali fragili: ghisa, ceramica, vetro → scarsa deformazione plastica, rottura improvvisa.

Per comprendere il fenomeno ci sono alcune formule fondamentali come:
• Legge di Hooke:


dove \sigma = stress, E = modulo di Young, \varepsilon = deformazione.


• Modulo di Young:

Dove σ = stress, ε = deformazione relativa (strain), F = forza applicata, A = area sezione trasversale,

ΔL = allungamento, L_0 = lunghezza originaria.

Fenomeni di fatica e frattura

Fatica dei materiali

La fatica è l’indebolimento di un materiale sottoposto a carichi ciclici, influenzata da: microstruttura, ambiente, temperatura e geometria.

Approcci principali:
• Stress-life (S–N curve): vita a basso stress, alto numero di cicli;
• Strain-life: alto stress, basso numero di cicli;
• Fracture mechanics: propagazione di cricche note o rilevate tramite NDT.

Crescita delle cricche

La legge di Paris descrive la crescita della cricca:

dove:
• a = lunghezza della cricca;
• N = numero di cicli;
• Delta K = variazione del fattore di intensità dello stress;
• C, m = costanti del materiale.

Leghe speciali e loro applicazioni

Le leghe permettono di avere prestazioni dedicate all’utilizzo del manufatto,aumentandone la durata nel tempo in termini di cicli di utilizzo.
• Acciai al Nichel: maggiore elasticità, resistenza alla fatica, utilizzati in macchinari e boiler.
• Acciai al Cromo: durezza elevata, inossidabili fino a 12% Cr, usati in cuscinetti e magneti permanenti.
• Bronzi e Ottone: resistenza alla corrosione marina, ottima lavorabilità, usati in valvole, eliche e tubazioni.
• Alluminio legato (Duralumin, Al-Mg-Si): leggerezza, duttilità, resistenza meccanica, applicazioni aerospaziali e navali.

Ispezione metalli e Controllo Qualità

Garantire l’integrità strutturale dei metalli in applicazioni navali e industriali richiede una strategia completa di ispezione e controllo qualità. I metalli sono soggetti a sovraccarichi, stress termico, fatica e corrosione. La rilevazione precoce dei difetti è fondamentale per prevenire guasti catastrofici. Le ispezioni moderne combinano prove non distruttive (NDT) di cui fanno parte anche i controlli visivi e tecniche di manutenzione predittiva che fanno parte della rosa di servizi offerti dalla MDSsurvey.com parte del gruppo Consultco Inc..

Ispezione Visiva (VI)

L’ispezione visiva è il metodo più immediato per rilevare difetti superficiali. Può essere effettuata a occhio nudo o con strumenti come lenti di ingrandimento, boroscopi o telecamere ad alta risoluzione e l’esperienza dell’operatore rappresenta una parte fondamentale.

Difetti rilevabili:
• Cricche superficiali
• Puntiformi di corrosione
• Disallineamenti nelle saldature
• Abrasioni o deformazioni

Applicazioni:
• Ispezione periodica di scafi, ponti e strutture navali
• Controllo di componenti meccanici, bulloni e lamiere strutturali
• Primo screening prima di NDT avanzate

Limiti:
• Non rileva difetti sottosuperficiali
• Dipende dall’esperienza dell’operatore e dalle condizioni di illuminazione

Il metodo è regolamentato secondo ASTM E165/E165M o ISO 17637.

Prove Ultrasoniche (UT)

Ultrasuoni ndt

Metodo strumentale che sfrutta le onde ultrasoniche generate da un cristallo piezoelettrico posto all’interno di una sonda che permette la generazione ad alta frequenza di un flusso di onde che vengono trasmesse nel materiale permettendo di identificare le condizioni interne del materiale, e viene definito come metodo volumetrico. Anomalie nella rifrazione dell’onda permettono di identificare anomalie all’interno del materiale come delaminazioni, cricche, vuoti o inclusioni. Il tempo e l’ampiezza dell’eco permettono di localizzare e caratterizzare i difetti.

Difetti rilevabili:
• Cricche interne
• Porosità
• Delaminazioni in materiali compositi
• Inclusioni in acciai e leghe di alluminio

Parametri:
• Frequenza: 0.1–10 MHz a seconda dello spessore o materiale da ispezionare.
• Sensibilità: rilevamento di difetti ≥ 0,2 mm

Applicazioni:
• Controllo di saldature in acciaio e alluminio
• Verifica dello spessore delle lamiere di scafo
• Ispezione di scafi, tubazioni e serbatoi in materiale composito.

Vantaggi:
• Alta penetrazione
• Localizzazione precisa dei difetti
• Adatta a materiali spessi

Limiti:
• Richiede operatori qualificati
• Necessario l’uso di accoppianti per la trasmissione del suono
• Geometrie complesse possono ridurre l’accuratezza

Standard di riferimento: ASTM E2375, ISO 16810

Radiografia (RT)

Raggi X o gamma attraversano il materiale. Differenze di densità o spessore creano contrasto sulla pellicola radiografica o sui rilevatori digitali.

Difetti rilevabili:
• Vuoti interni o porosità
• Cricche interne
• Fusione incompleta nelle saldature

Applicazioni:
• Controllo di saldature critiche in acciaio e alluminio
• Ispezione di componenti fusionali (bronzo, acciaio)
• Rilevamento di corrosione sotto isolante

Vantaggi:
• Registrazione permanente dei difetti
• Rilevazione di strutture interne complesse

Limiti:
• Richiesta sicurezza radiologica
• Non adatta a materiali molto spessi senza sorgenti ad alta energia
• Tempo necessario elevato per grandi superfici

Standard: ASTM E94, ISO 17636

Prove con Liquidi Penetranti (PT)

Attraverso un liquido dalle rilevanti proprietà in termini di capillarità in verione sia colorata che fluorescente in base alla necessità in termini di Lumen penetra nei difetti superficiali. Dopo la rimozione del liquido in eccesso, un rivelatore evidenzia i difetti.

Difetti rilevabili:
• Cricche superficiali
• Porosità aperta in superficie
• Percorsi di perdita in fusioni e saldature

Applicazioni:
• Rilevamento di cricche fini in alluminio e acciaio
• Controllo di giunzioni saldate in ambito navale
• Materiali non magnetici

Vantaggi:
• Semplice e economico
• Sensibilità elevata a difetti superficiali

Limiti:
• Solo difetti superficiali
• Necessità di superfici pulite e asciutte

Standard di riferimento: ASTM E165/E1417, ISO 3452

Particelle Magnetiche o Magnetic testing (MT)

Viene applicato un campo magnetico a materiali ferromagnetici attraverso, per esempio, una batteria con morsetti, in modo da poter visualizzare attraverso uno strumento dedicato, discontinuità superficiali o vicine alla superficie che distorcono il campo magnetico, richiamando la polarità delle particelle ferromagnetiche e rendendo visibili i difetti.

Difetti rilevabili:
• Cricche superficiali e sub-superficiali

Applicazioni:
• Saldature e fusioni in acciaio
• Alberi e tubazioni
• Componenti strutturali navali

Vantaggi:
• Alta sensibilità a cricche superficiali e vicine alla superficie
• Risultato immediato

Limiti:
• Solo metalli ferromagnetici
• Superficie deve essere pulita; necessaria demagnetizzazione post-controllo

Standard di riferimento: ASTM E709, ISO 9934

Correnti Indotte (Eddy Current, ECT)

Induzione elettromagnetica sul materiale genera correnti parassite nei materiali conduttivi. Interruzioni nelle correnti indicano difetti superficiali o sub-superficiali.

Difetti rilevabili:
• Cricche e corrosione sotto rivestimenti
• Difetti superficiali in leghe di alluminio
• Variazioni di conducibilità dovute a trattamenti termici

Applicazioni:
• Strutture aeronautiche e navali in alluminio
• Rilevamento corrosione sotto isolamento
• Controllo qualità lamiere metalliche

Vantaggi:
• Non a contatto
• Rapido e portatile
• Adatto a metalli non ferrosi come l’alluminio

Limiti:
• Penetrazione limitata
• Sensibile a finiture superficiali e geometria

Standard di riferimento: ASTM E1004, ISO 15548

Prove di Tenuta (Leak Testing, LT)

Rileva discontinuità tramite infiltrazione di gas o liquido sotto pressione. Metodi: emissione di bolle, decadimento di pressione, gas tracciante (He, H₂).

Difetti rilevabili:
• Porosità in fusioni
• Cricche in serbatoi e tubazioni
• Perdite in strutture saldate

Applicazioni:
• Sistemi a pressione in alluminio, rame e acciaio
• Tubi e serbatoi navali
• Scambiatori di calore e pompe

Vantaggi:
• Rileva aperture molto piccole
• Applicabile a componenti complessi

Limiti:
• Necessita pressurizzazione
• Accesso superficiale richiesto

Standard di riferimento: ASTM E515, ISO 20485

Integrazione dei Metodi NDT

Un approccio multimodale è consigliato:
1. Ispezione visiva per anomalie superficiali
2. PT o MT per cricche superficiali
3. UT o RT per difetti interni
4. ECT per strutture non ferrose
5. LT per componenti a pressione

Questa combinazione consente di identificare difetti prima di guasti critici, ottimizzare la manutenzione e prolungare la vita utile dei componenti.

Manutenzione Predittiva e Monitoraggio Strutturale

• L’integrazione di NDT con sensori digitali e monitoraggio in tempo reale migliora la sicurezza.
• Tecniche: emissione acustica, strain gauge, analisi vibrazionale → rilevano precoce fatica e propagazione cricche.
• La manutenzione basata sui dati riduce i tempi di fermo, garantisce sicurezza e aumenta l’affidabilità a lungo termine.

Applicazioni Pratiche nel Settore Navale


• Lamiere dello scafo, giunzioni saldate e alberi motore richiedono ispezioni regolari.
• Condizioni ambientali (acqua salata, cicli termici) accelerano la corrosione e la fatica.
• Piano di ispezioni: misurazioni spessore UT, controllo cricche MT, radiografie periodiche dei giunti saldati.

Conclusioni

    La scelta consapevole dei metalli e delle leghe, la conoscenza dei processi di fabbricazione, dei trattamenti termici e della fatica dei materiali, rappresentano elementi essenziali per garantire:
    • Sicurezza strutturale;
    • Durata e affidabilità;
    • Efficienza operativa in ambito navale e industriale.

    L’uso combinato di leghe adeguate, diagrammi di fase, trattamenti termici controllati e ispezioni NDT permette di ottimizzare le proprietà meccaniche e prevenire guasti catastrofici.

    Se hai la necessità di un supporto su ispezioni e gestione delle manutenzioni, non esitare a contattarci.

    scrubber navale

    Scrubber Navale cos’è e come si ispeziona? la cattura della CO₂: funzionamento, materiali e importanza delle ispezioni.

    Scrubber Navale cos’è e come si ispeziona? la cattura della CO₂: funzionamento, materiali e importanza delle ispezioni.

    Il settore marittimo è oggi uno dei protagonisti della transizione energeticain quanto il solo comparto marittimo incide in termini di emissioni del 1,7-2% a livello globale.

    Le navi hanno da sempre utilizzato combustibili pesanti ricchi di zolfo e altre sostanze inquinanti e sono state al centro di numerosi dibattiti scientifici al riguardo, che ha reso necessario un forte intervento regolatorio per ridurre l’impatto ambientale di un comparto che, pur essendo essenziale per l’economia mondiale, contribuisce in modo significativo all’inquinamento atmosferico e al cambiamento climatico.

    Gli scrubber, noti anche come Exhaust Gas Cleaning Systems (EGCS), sono la risposta tecnologica che ha permesso a molte flotte di continuare a navigare in conformità con le normative internazionali senza dover rinunciare al tradizionale fuel oil.

    Nati principalmente per abbattere le emissioni di ossidi di zolfo (SOx), oggi si trovano al centro di un dibattito più ampio che guarda alla possibilità di catturare anche l’anidride carbonica (CO₂), la principale responsabile dell’effetto serra.

    Questo articolo esplora in profondità cosa sono gli scrubber, come funzionano, come vengono costruiti e con quali materiali, quali problemi possono presentare e perché le ispezioni sono fondamentali.

    Infine, vedremo come le nuove tecnologie, in particolare l’impiego dei droni, stanno rivoluzionando il modo in cui questi sistemi vengono controllati e mantenuti.

    Le normative internazionali e la spinta alla decarbonizzazione

    Il punto di svolta per la diffusione degli scrubber è arrivato con l’entrata in vigore del sulphur cap 2020 imposto dall’IMO, che ha abbassato drasticamente i limiti al contenuto di zolfo nei carburanti marini: massimo 0,5% a livello globale e 0,1% nelle zone a controllo speciale (ECA). Gli armatori si sono trovati di fronte a un bivio: acquistare carburanti low-sulphur, molto più costosi, o installare a bordo sistemi di depurazione dei fumi.

    La seconda opzione, pur richiedendo un investimento iniziale importante, si è rivelata economicamente vantaggiosa nel medio-lungo termine, soprattutto per le grandi navi da carico e da crociera che consumano enormi quantità di carburante.

    Gli scrubber hanno quindi rappresentato una sorta di compromesso: permettere di continuare a bruciare fuel tradizionale ad alto contenuto di zolfo, riducendo però drasticamente le emissioni nocive.

    Tuttavia, l’attenzione della comunità internazionale non si è fermata agli ossidi di zolfo. L’IMO ha tracciato una rotta molto ambiziosa anche sulla CO₂, imponendo una riduzione del 40% delle emissioni entro il 2030 e del 70% entro il 2050. È evidente quindi che la sfida del futuro non sarà solo ridurre lo zolfo, ma soprattutto decarbonizzare il trasporto marittimo. Ed è proprio in questo scenario che gli scrubber potrebbero evolversi, diventando la base di sistemi di cattura della CO₂.

    Come funzionano gli scrubber navale?

    Il principio di funzionamento degli scrubber è relativamente semplice: i fumi prodotti dal motore principale o dai generatori vengono convogliati all’interno di una torre di lavaggio, dove incontrano una corrente d’acqua o una soluzione alcalina. Il contatto tra gas e liquido permette la dissoluzione e la neutralizzazione degli ossidi di zolfo, che vengono trasformati in solfati innocui.

    scrubber navale

    Esistono tre configurazioni principali:

    • Nei sistemi open loop si utilizza direttamente acqua di mare, sfruttandone l’alcalinità naturale.
    • Nei sistemi closed loop si impiega invece una soluzione chimica (tipicamente soda caustica) che viene ricircolata e rigenerata, producendo solo una piccola quantità di residui da smaltire.
    • Infine, i sistemi ibridi consentono di passare da una modalità all’altra in base all’area di navigazione e alle normative locali.

    Il percorso dei fumi all’interno dello scrubber segue una sequenza ben precisa.

    Dopo l’ingresso nella torre, i gas vengono colpiti da getti nebulizzati che ne abbassano la temperatura e ne lavano le particelle. Proseguendo verso l’alto, i fumi incontrano superfici o riempimenti che aumentano il contatto con il liquido, migliorando l’efficienza di assorbimento. Prima di uscire dal funnel, i gas passano attraverso un demister, un separatore che trattiene le gocce d’acqua residue evitando che vengano espulse in atmosfera.

    Grazie a questo processo, un moderno scrubber è in grado di abbattere oltre il 90-95% degli ossidi di zolfo, ridurre le emissioni di particolato e in parte anche gli ossidi di azoto. Tuttavia, l’impatto sulla CO₂ è minimo: per catturare anidride carbonica servono tecnologie più complesse, oggi in fase di sperimentazione.

    Dalla rimozione dei SOx alla cattura della CO₂

    A differenza degli ossidi di zolfo, che sono facilmente solubili in acqua e neutralizzabili con reagenti alcalini, la CO₂ è molto più difficile da catturare. È una molecola stabile, presente in concentrazioni elevate nei fumi di scarico, e richiede processi dedicati per essere rimossa in maniera significativa.

    Le ricerche in corso guardano agli scrubber come a una piattaforma già disponibile, che potrebbe essere integrata con moduli aggiuntivi per la cattura della CO₂. Una delle tecniche più promettenti è l’assorbimento chimico tramite solventi amminici: i fumi, già raffreddati all’interno dello scrubber, vengono fatti passare in un assorbitore dove il solvente lega selettivamente la CO₂. Successivamente il solvente viene rigenerato in uno stripper, che libera CO₂ ad alta purezza. Quest’ultima può essere compressa e liquefatta per lo stoccaggio temporaneo a bordo, in attesa dello scarico a terra.

    Un’altra opzione studiata è la mineralizzazione, ovvero la reazione della CO₂ con sostanze alcaline per formare carbonati solidi, facilmente trasportabili e smaltibili. Tecnologie emergenti, come le membrane selettive o la separazione criogenica, promettono efficienze più elevate ma sono ancora lontane dall’essere implementate su larga scala a bordo delle navi.

    La grande sfida resta la praticità: catturare CO₂ significa dedicare spazio a bordo per i moduli di separazione, gestire un solvente aggressivo, consumare energia per la rigenerazione e infine stoccare grandi volumi di gas liquefatto. Nonostante queste difficoltà, diversi progetti pilota hanno già dimostrato che l’operazione è possibile, e gli scrubber rappresentano il punto di partenza ideale per integrare tali sistemi.

    Costruzione e materiali degli scrubber

    Gli scrubber devono lavorare in condizioni estreme: da un lato fumi caldi e acidi, dall’altro acqua di mare ricca di cloruri e agenti corrosivi. Per questo motivo la loro costruzione è tutt’altro che banale.

    Il guscio esterno è generalmente realizzato in acciaio speciale, come duplex o super-duplex, che offrono un’ottima resistenza alla corrosione da cloruri. In alternativa si utilizzano acciai austenitici alto-legati, come 254SMO o 904L, progettati per resistere al pitting e alla corrosione localizzata. In alcuni casi si preferisce un rivestimento interno piuttosto che un metallo costoso: i liner in GRP (vetroresina rinforzata) sono molto diffusi perché leggeri e resistenti all’ambiente acido, mentre l’ebonite, una gomma dura con ottima resistenza chimica, viene usata soprattutto nelle sezioni interne ma è più sensibile agli urti meccanici.

    Gli ugelli di spruzzo devono sopportare erosione e intasamenti, quindi vengono realizzati in acciaio inossidabile o in materiali plastici resistenti come PVDF e PTFE. I demister possono essere costruiti in acciaio duplex o in composito, mentre i packing interni, che aumentano la superficie di contatto gas-liquido, possono essere ceramici, plastici o metallici a seconda delle esigenze operative.

    La scelta dei materiali non è mai casuale, ma frutto di un compromesso tra resistenza chimica, costi, peso e facilità di manutenzione. Proprio per questo la conoscenza delle diverse soluzioni costruttive è essenziale per chi si occupa di ispezioni e manutenzione.

    Problemi operativi e difetti tipici

    Nonostante la loro robustezza, gli scrubber non sono esenti da problemi. La corrosione è uno dei principali nemici, specialmente nelle aree soggette a depositi o ristagni, dove il contatto con soluzioni acide può provocare pitting o crevice corrosion. L’erosione è un altro difetto comune: il continuo impatto dei getti nebulizzati sulle pareti interne e sugli ugelli porta nel tempo a un assottigliamento del materiale.

    I liner in GRP possono delaminarsi, mentre quelli in ebanite tendono a incrinarsi in presenza di urti o variazioni termiche. Gli ugelli stessi possono ostruirsi a causa di incrostazioni saline o residui carboniosi, riducendo l’efficienza del lavaggio. Anche il demister non è immune da problemi: se non funziona correttamente, le gocce trascinate dai fumi finiscono nel funnel, causando depositi, corrosione e un aumento della contropressione.

    Tutti questi difetti non solo riducono l’efficienza dello scrubber, ma possono portare a fermate improvvise o a non conformità normative, con conseguenze economiche significative. Per questo la manutenzione regolare e le ispezioni accurate sono indispensabili.

    Le ispezioni degli scrubber: dai metodi tradizionali ai droni

    Tradizionalmente, ispezionare uno scrubber significava affrontare operazioni complesse e costose. Si trattava infatti di entrare in spazi confinati, montare ponteggi, fermare la nave e destinare personale a un’attività ad alto rischio. Tutto ciò comportava tempi lunghi, costi elevati e spesso un’analisi parziale, limitata alle aree più accessibili.

    Negli ultimi anni la tecnologia ha cambiato radicalmente questo scenario. Sono comparsi endoscopi industriali, telecamere ad alta definizione e robot crawler capaci di muoversi all’interno delle torri. Ma la vera rivoluzione è stata portata dai droni, che consentono di effettuare sopralluoghi completi e dettagliati senza dover entrare fisicamente nello scrubber.

    Un drone dotato di telecamera 4K e sensori avanzati può volare all’interno di un funnel o di una torre di lavaggio, riprendere superfici difficilmente raggiungibili e creare modelli 3D che permettono di monitorare l’evoluzione di un difetto nel tempo. Questo significa avere dati precisi, confrontabili e soprattutto ottenuti in totale sicurezza, senza dover esporre il personale ai rischi degli spazi confinati.

    L’importanza delle ispezioni con droni

    L’utilizzo dei droni porta vantaggi concreti e immediati. Prima di tutto riduce drasticamente i tempi di fermo nave, perché l’ispezione può essere eseguita in poche ore senza necessità di ponteggi o di bonifica totale degli spazi. In secondo luogo, migliora la qualità dei dati: le immagini ad alta definizione permettono di individuare corrosioni iniziali, fessurazioni, occlusioni o tracce di carry-over che a occhio nudo potrebbero sfuggire.

    Un altro aspetto fondamentale è la possibilità di creare archivi digitali. Ogni ispezione diventa un tassello di una storia tecnica: confrontando i dati raccolti nel tempo, è possibile capire come si evolve un difetto, programmare interventi mirati e ridurre i costi di manutenzione.

    Gli esempi pratici sono numerosi. Un pattern irregolare di spruzzo può rivelare un ugello ostruito; delle striature saline lungo le pareti del funnel possono indicare un problema al demister; una delaminazione del liner può essere individuata prima che si trasformi in un danno grave. Tutti casi che, se trascurati, porterebbero a fermate forzate e costi elevati, ma che grazie ai droni possono essere gestiti con largo anticipo.

    Per realtà come la Consultco Inc. marine survey di cui MDSSurvey è partner, l’impiego dei droni nelle ispezioni non è solo un’innovazione tecnologica, ma un vero e proprio cambio di paradigma: significa offrire agli armatori uno strumento efficace per garantire efficienza, sicurezza e conformità normativa, con un approccio moderno e sostenibile.

    Le ispezioni degli scrubber con Elios 2 e 3

    Durante le ispezioni la differenza la fa la tecnologia, e nel nostro lavoro ci affidiamo a strumenti progettati specificamente per questo scopo: i droni Elios 2 ed Elios 3. Si tratta di piattaforme uniche nel loro genere, sviluppate per operare in ambienti complessi, ristretti e con scarsa visibilità, esattamente come l’interno di uno scrubber, di un funnel o doppifondi.

    L’Elios 2 è un drone compatto, protetto da una gabbia sferica che gli consente di volare a contatto con le superfici senza riportare danni. È dotato di illuminazione LED fino a 10.000 lumen, capace di illuminare completamente l’interno di una torre di lavaggio anche in condizioni di buio totale. La videocamera in 4K e la possibilità di inclinazione fino a 180° permettono di ispezionare dettagliatamente ugelli, liner, demister e superfici interne, evidenziando fenomeni come corrosione, delaminazioni, incrostazioni o perdite di liquido.

    L’Elios 3, è la versione avanzata, dove è in grado di effettuare letture ad ultrasuoni e aggiunge un sistema di mappatura 3D in tempo reale basato su tecnologia LiDAR. Questo significa che non solo si ottengono immagini ad alta definizione, e letture degli spessori, ma è possibile generare un modello digitale dell’interno dello scrubber, utile per confrontare i dati raccolti in momenti diversi e seguire con precisione l’evoluzione di un difetto. Con questa tecnologia diventa possibile realizzare vere e proprie ispezioni predittive, programmando interventi mirati e riducendo drasticamente i costi di manutenzione imprevista.

    Grazie a questi strumenti, le ispezioni degli scrubber non sono solo controlli visivi, ma diventano un processo di analisi strutturata, documentata e digitalizzata. Per gli armatori significa poter contare su dati chiari, comparabili e facilmente archiviabili, a garanzia di efficienza e conformità normativa.

    Durante un’ispezione, il drone viene introdotto all’interno dello scrubber e può raggiungere in pochi minuti zone che tradizionalmente richiedevano ore di preparazione e l’impiego di ponteggi. Le immagini in 4K e le mappature 3D permettono di documentare lo stato di liner, ugelli, demister e delle superfici interne, evidenziando anche difetti iniziali che a occhio nudo potrebbero passare inosservati.

    Un esempio pratico è rappresentato dalle ispezioni dei funnel, spesso soggetti a corrosione localizzata o a depositi di carry-over. Con i nostri droni è possibile monitorare queste aree senza dover interrompere le operazioni della nave per lunghi periodi, con un risparmio significativo in termini di costi e tempi di fermo.

    Il nostro approccio non si limita alla semplice raccolta di immagini: realizziamo report dettagliati, corredati da rilievi digitali che possono essere confrontati nel tempo per seguire l’evoluzione di un difetto. In questo modo le ispezioni diventano uno strumento di prevenzione e programmazione, e non solo di verifica.

    Conclusione

    Gli scrubber rappresentano oggi una tecnologia imprescindibile per la navigazione commerciale e passeggeri, una soluzione che ha permesso al settore di adeguarsi rapidamente ai limiti imposti dall’IMO e di ridurre drasticamente l’impatto degli ossidi di zolfo. La loro evoluzione verso sistemi di cattura della CO₂ è la sfida del futuro, complessa ma necessaria per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione.

    La costruzione di questi impianti, la scelta dei materiali e la gestione delle problematiche operative richiedono competenze tecniche specifiche e una manutenzione costante. Ed è proprio in questo campo che le ispezioni con droni stanno segnando una svolta: più rapide, sicure ed economiche, consentono di ottenere informazioni precise e di prevenire guasti costosi e fermate improvvise altrettanto costose.

    In un settore in continua trasformazione, la combinazione tra innovazione tecnologica e competenza tecnica è la chiave per garantire la sostenibilità del trasporto marittimo. E gli scrubber, con le loro potenzialità di evoluzione, rimangono uno dei protagonisti di questa sfida.

    Per gli armatori, affidarsi alla Consultco INC. Marine survey o alla MDS Survey significa avere la certezza di un controllo accurato, svolto con le tecnologie più avanzate disponibili sul mercato, e di poter contare su un partner tecnico che unisce esperienza nautica e innovazione digitale.

    ndt termografia e hygrometria

    NDT – non destructive testing – prove/controlli non distruttivi

    NDT – non destructive testing – prove/controlli non distruttivi nella Nautica: guida completa con riferimento alla ISO 9712

    NDT controlli non distruttivi

    Introduzione

    La nautica moderna combina metalli (acciaio, alluminio) e materiali compositi (VTR, carbonio e sandwich con anima in PVC/balsa). L’integrità strutturale di scafo, sovrastrutture, alberi, appendici e impianti determina non solo la sicurezza ma anche il valore economico dell’imbarcazione. I controlli non distruttivi (NDT) sono l’insieme di metodi che consentono di individuare difetti e degradi senza danneggiare il manufatto. Rispetto alle prove distruttive, gli NDT permettono la diagnosi in servizio, con tempi e costi contenuti.

    Questo articolo fornisce una panoramica operativa orientata alla nautica, con un inquadramento alla ISO 9712 (qualificazione del personale NDT), un confronto tra le principali tecniche e una flow chart decisionale che esplicita il pensiero critico dietro l’identificazione del difetto.

    ISO 9712: qualifica e certificazione del personale NDT

    La ISO 9712 (o più precisamente EN ISO 9712) definisce i requisiti per qualificare e certificare il personale che esegue NDT. È lo standard più diffuso a livello internazionale, con riconoscibilità trasversale ai settori industriali (aeronautico, oil & gas, costruzioni, navale).

    Esistono più livelli di certificazione

    • Livello 1 – Esegue prove seguendo procedure approvate; imposta l’attrezzatura; registra esiti; non interpreta autonomamente.
    • Livello 2 – Esegue e interpreta i risultati; seleziona la tecnica; redige rapporti; può istruire personale di livello 1.
    • Livello 3 – Progetta procedure e istruzioni; gestisce la competenza organizzativa; forma e qualifica; presidia gli aspetti tecnici e normativi.

    Esami, esperienza e idoneità visiva

    La certificazione prevede prove generali, specifiche (legate al settore/applicazione) e pratiche; sono richieste esperienze minime documentate per ciascun metodo e idoneità visiva (acutezza da vicino, differenziazione cromatica). La validità tipica è quinquennale con rinnovo e ricertificazione decennale.

    Il ruolo del tecnico NDT

    Il tecnico NDT deve essere in grado di eseguire i controlli e fornire rapporti tracciabili, con risultati ripetibili e riferibili.

    Nella nautica è consigliabile che le ispezioni critiche (alberi, strutture in carbonio, saldature primarie) siano svolte da personale almeno di livello 2 sul metodo impiegato.

    Il processo NDT in chiave nautica: il “pensiero critico” prima degli strumenti

    Prima di scegliere la tecnica, si ragiona su tre assi:

    1. Materiale: metallo (acciaio/alluminio) o composito (VTR, carbonio, sandwich).
    2. Difetto atteso: superficiale, sub-superficiale, interno; umidità/osmosi; delaminazione; corrosione; disbond dell’anima; fatica.
    3. Contesto operativo: accessibilità, condizioni ambientali (sole/vento/temperatura), necessità di smontaggi, tempi, budget, disponibilità di attrezzature.

    La strategia ideale combina metodi complementari: uno rapido di screening (es. VT, termografia, igrometria, tap test) seguito, se necessario, da un metodo quantitativo o ad elevata sensibilità (es. UT, ET, shearografia), solitamente gli ultrasuoni sono il metodo più preciso e comune di indagine, gli altri due metodi sono attualmente ancora poco economici per una larga distribuzione.

    Tecniche NDT principali e complementari

    Di seguito le tecniche più rilevanti in nautica, con principi, casi d’uso, vantaggi e limiti.

    VT – Visual Testing (Esame visivo)

    Che cos’è se non osservazione diretta questa può essere aiutata da altre strumentazioni come : con lente, endoscopio, camere ad alta risoluzione, cercando sempre di rimanere nei range delle istruzioni. Spesso sottovalutato, è il primo filtro.

    • Dove si usa: opera viva e opera morta, paratie, madieri, longheroni, lande, terminali delle sartie, saldature accessibili, impianti di bordo.
    • Pro: velocissimo, economico, copertura ampia; stabilisce ipotesi.
    • Contro: dipende da accessibilità e abilità; qualitativo.

    PT – Liquidi penetranti

    • Principio: un penetrante colorato o fluorescente che sfrutta le sue alte caratteristiche in termini di capillartà entra in cricche affioranti; dopo un’attenta pulizia e rimozione, un rivelatore evidenzia le indicazioni riscontrate sul manufatto ispezionato.
    • Dove: crepe su saldature inox/alluminio, eliche, supporti, flange, staffe.
    • Pro: semplice, economico, molto sensibile ai difetti superficiali.
    • Contro: non vede difetti interni; richiede pulizia e protezione ambientale.

    MT – Particelle magnetiche

    • Principio: magnetizzazione di acciai/leghe ferromagnetiche; le discontinuità disturbano il campo e ruotano le polveri secondo i poli magnetici del campo elettromagnetico.
    • Dove: metalli ferromagnetici come assi elica in acciaio, staffe, piastre, saldature su acciai.
    • Pro: rapido e molto sensibile a superfici e sub-superficiali.
    • Contro: solo su materiali ferromagnetici; richiede smagnetizzazione finale.

    ET – Correnti indotte (Eddy Current)

    • Principio: una sonda induce correnti nel metallo; variazioni locali (cricche, corrosione) alterano l’impedenza.
    • Dove: alluminio (alberi, strutture), inox sottili, verifiche spessori ridotti, rivetti.
    • Pro: non richiede contatto liquido; sensibile a difetti superficiali su leghe non ferromagnetiche; può stimare lo spessore dei rivestimenti.
    • Contro: profondità limitata; geometrie complesse possono disturbare.

    UT – Ultrasuoni (pulse-echo, phased array, UT a bassa frequenza per compositi)

    • Principio: letture degli impulsi ultrasonici attraverso l’echo di ritorno analizzando l’echo di fondo del materiale ispezionato che può variare la sua velocità di propagazione utilizzando onde da 0,5MHz nei compositi fino a 6,1MHz nel titanio, calcolando eventuali difetti volumetrici all’interno del flusso d’onda; con l’integrazione phased array si ottiene un’immagine scan B.
    • Dove: spessori scafi metallici; delaminazioni nei compositi o difetti costruttivi; scollamenti anima sandwich.
    • Pro: precisione nel calcolo degli spessori; elevata sensibilità interna.
    • Contro: obbligatoriamente necessita accoppiamento con un liquido da contatto come acqua o gel; operatori esperti; superfici curve e sandwich richiedono tecnica ad hoc.

    RT – Radiografia industriale (X/Gamma)

    • Principio: radiazioni attraversano il pezzo e creano un’immagine dei difetti interni.
    • Dove: saldature di strutture metalliche critiche (cantieristica, classi navali).
    • Pro: visualizzazione diretta del volume.
    • Contro: requisiti di sicurezza, schermature, tempi; uso limitato su barche in esercizio.

    TT – Termografia infrarossa (attiva/passiva)

    • Principio: misura dell’emissione IR; differenze di diffusività termica rivelano scollamenti del sandwich, umidità, vuoti nell’anima.
    • Dove: scafi e ponti in sandwich; pontature e coperta; aree estese.
    • Pro: copertura rapida di grandi superfici; ottimo come screening.
    • Contro: sensibile a vento/sole; richiede controllo delle condizioni e spesso stimolazione termica.

    Shearografia (Speckle Shearing Interferometry)

    • Principio: tecnica interferometrica che misura micro-deformazioni sotto sollecitazione lo strumento utilizza la creazione del vuoto, il calore e la vibrazione per generare un immagine.
    • Dove: compositi avanzati (carbonio) e sandwich; delaminazioni, scollamenti, schiacciamento anima.
    • Pro: molto sensibile, copre aree ampie in poco tempo.
    • Contro: attrezzature costose.

    AE – Acoustic Emission

    • Principio: sensori ascoltano le emissioni elastiche generate da micro-cricche durante i cicli di lavoro.
    • Dove: strutture in composito o metalli (alberi, paratie, derive, appendici).
    • Pro: approccio strutturale: individua zone attive durante il carico reale.
    • Contro: interpretazione complessa; serve piano di carico controllato e filtraggio rumore.

    Igrometria (umidità)

    • Principio: misuratori capacitivi o a resistenza stimano l’umidità intrappolata all’interno del materiale composito per identificare la presenza di acqua e l’invecchiamento del materiale.
    • Dove: VTR e legno; identifica presenza di acqua, invecchiamento della vetroresina attraverso l’idrolisi, ma non identifica la presenza di osmosi, quindi se la barca è secca la parte acquosa dei blister di osmosi si perde anche essa.
    • Pro: rapido, economico.
    • Contro: letture influenzate dalle tempistiche di alaggio, dipendenti da temperatura/spessore

    Tap Test (martello in legno)

    • Principio: variazione del suono per discontinuità (vuoti, delaminazioni, scollamenti).
    • Dove: pannelli in VTR/carbonio, sandwich; zone accessibili.
    • Pro: immediato, costo minimo.
    • Contro: qualitativo; richiede esperienza e conferma con metodo strumentale.

    Esempi applicativi (casi tipo)

    Caso A – Scafo in acciaio/alluminio con sospetta corrosione

    1. VT iniziale con mappatura aree.
    2. Spessori UT su griglia; se accessibile, ET per cricche da fatica in zone di concentrazione.
    3. Se saldature critiche: PT/MT (in base al materiale) e, UT con sonda angolare o RT.
    4. Rapporto con mappa spessori, soglie di intervento e suggerimenti di ripristino.

    Caso B – Coperta in sandwich con possibili scollamenti e umidità

    1. Igrometria e TT per screening su larga area.
    2. Tap test per delimitare anomalie; UT specifico per sandwich per quantificare.
    3. Piano di riparazione (fori di ventilazione, sostituzione locali dell’anima, re-laminazione).

    Caso C – Cricca sul controstampo

    1. VT + verifica condizioni bulbo, giunzione scafo-bulbo e perni.
    2. Tap test per identificazione aree coinvolte
    3. UT a bassa frequenza
    4. Piano di riparazione

    Flow chart decisionale

    La scelta del metodo segue il ragionamento seguente

    Materiale: Metallo vs Composito/Sandwich.

    Se Metallo:

    • Difetto superficiale? → PT (leghe leggere/inox), MT (acciai). Supporto VT.
    • Difetto sub-superficiale (acciai)? → MT.
    • Corrosione/spessori? → UT a maglia; mappa spessori.
    • Difetti volumetrici/saldature critiche? → UT.
    • Elementi sottili/alluminio con fatica → ET.

    Se Composito/Sandwich:

    • Umidità → Igrometria + TT (screening), conferma UT.
    • Delaminazioni/scollamenti → Tap test (screening) + UT/Shearografia; TT come supporto su aree ampie.

    Vincoli operativi: accesso (una o due facce), condizioni ambientali (vento/sole), tempi, budget. Se il vincolo impedisce il metodo ideale, optare per combinazioni (es. TT + UT) o per metodi di conferma.

    Evidenze e decisione: riportare criteri di accettazione (es. soglie spessore, estensione del delaminato), incertezza di misura e raccomandazioni di monitoraggio o riparazione.

    Dalla misura alla decisione: come scrivere il rapporto NDT

    Un rapporto efficace deve includere:

    • Scopo e campo (componente, area, condizioni).
    • Procedure e standard di riferimento (es. istruzioni interne, EN ISO 9712, eventuali classi).
    • Attrezzature (modello, taratura, sonda, sensibilità, limiti).
    • Risultati (valori, immagini, indicazioni) con incertezza e criteri di accettazione.
    • Interpretazione: diagnosi, cause probabili, effetti sulla sicurezza/uso.
    • Raccomandazioni: monitoraggi, riparazioni, ulteriori indagini.
    • La tracciabilità (numerazione punti, settaggi) è fondamentale per confronti nel tempo e perizie e per confermare la ripetitività dell’indicazione riscontrata.

    Buone pratiche e errori comuni

    Confermare gli esiti qualitativi (tap/VT) con un metodo quantitativo quando la decisione economica è rilevante.

    Controllare le condizioni ambientali per TT e igrometria (temperatura, irraggiamento, vento, stabilizzazione termica).

    Curare l’accoppiamento e la scelta della sonda per UT su sandwich/compositi.

    Evitare bias di conferma: cercare falsi positivi/negativi noti del metodo scelto.

    Conclusioni

    Gli NDT in nautica sono un processo di indagine più che un elenco di strumenti e noi come anche il ns partner principale, siamo in grado di eseguire in maniera indipendente la maggior parte delle tecniche elencate.

    La ISO 9712 garantisce competenza e tracciabilità dell’operatore; la scelta del metodo deriva da un ragionamento su materiale, difetto e vincoli. La combinazione di screening rapido (VT/TT/igrometria/tap) e metodi ad alta affidabilità (UT/ET/shearografia/AE) consente diagnosi solide e decisioni tecniche difendibili in tribunale.

    L’uso degli NDT e la sua metodologia è la base del ns lavoro.